Che cos’è la genetica del gusto?
Perché molti non amano l’amaro: una questione di geni
DI PAOLO GASPARINI
La rilevazione di sostanze chimiche nell'ambiente esterno ha da sempre avuto una fondamentale importanza per la sopravvivenza degli individui e delle specie. Il gusto è il senso che permette a tutti gli animali di localizzare il cibo e di evitare i predatori o l'ingestione di sostanze tossiche. Inoltre, il gusto influenza in modo determinante il grado di accettazione di una sostanza, che è direttamente proporzionale alla piacevolezza della sensazione gustativa. Ad esempio, le sostanze dolci, fonte di energia per l'organismo, danno di solito una sensazione piacevole, mentre il gusto amaro, tipico della maggior parte dei veleni, provoca una sensazione sgradevole e il rifiuto della sostanza stessa.
Gli studi sulla genetica del gusto amaro sono iniziati casualmente nel 1931 quando un ricercatore inglese sintetizzando in laboratorio un composto chimico appartenente alla famiglia delle tiouree, il PTC (feniltiocarbamide), disperse nell’aria alcuni cristalli. Alcuni suoi colleghi percepirono un forte gusto amaro mentre lui assolutamente nulla. A questa prima osservazione sono seguiti diversi studi che hanno dimostrato come la capacità di percepire il PTC, o un composto simile chiamato PROP (propiltiouracile), vari da individuo a individuo e anche da popolazione a popolazione.
Questa diversa capacità percettiva è un tipico carattere genetico trasmesso da genitori ai figli.
Nel 2003 è stato identificato il gene responsabile della percezione del gusto amaro del PTC o del PROP, chiamato TAS2R38.
Una diversa capacità nel percepire il gusto amaro del PTC o del PROP è stata associata a differenze nelle preferenze e nelle scelte alimentari. I “taster”, più sensibili all’amaro, non prediligono i cibi come le crucifere (cavoli, broccoli, cavoletti di Bruxelles, rape, etc.), quelli contenenti caffeina, chinino, isoumuloni (amaro della birra), naringina (pompelmi). Sono inoltre più sensibili alla percezione del piccante e del grasso per una maggiore presenza di terminazioni del nervo trigemino sulla lingua e nel cavo orale. Ovviamente i “non taster” tendono a comportarsi in maniera completamente opposta.